STORIA DELLA BATTELLIERI CRISTOFORO COLOMBO

Dal 1887 una storia che merita di essere conosciuta.

IL CANTO DEL CIGNO

Anno di grazia, il 1907; la « Colombo » partecipa alle regate nazionali di Cremona, Lodi, Torino, Roma, Bellagio, ottenendo tre primi premi e due secondi, alla gara di resistenza sui 18 km. che separano Milano da Abbiategrasso, dove giunge prima nell’outrigger a otto con timoniere, ai campionati italiani di Pisa, vincendo qui i titoli juniores e seniores d’outrigger a quattro con timoniere e quindi agli europei di Strasburgo dove lo stesso equipaggio ottiene un validissimo secondo posto.
Accanto alla veneta e a1la jole di mare, sempre a quattro vogatori, e l’outrigger a rinverdire i fasti che erano stati dei fratelli Bertolini: Ettore Sansoni, Mario Albertini, Malaspina e Bellinzona e il piccolo timoniere Alfredo Fregnani formano l’armo vincente, segnando per la « Colombo » la partecipazione agli Europei. Migliore risveglio, dopo un periodo di leggera stasi, non poteva esserci e la « Colombo » dimostra in questa occasione che nei periodi di necessità sa serrare le fila e soprattutto rinnovarsi. Infatti, è in questo periodo, precisamente il 7 aprile 1907 che i soci, riuniti in assemblea straordinaria discutono sull’opportunità di costituire una sezione femminile; i tempi però non sono ancora maturi e niente cambia in seno alla società. È significativa però che questa istanza di cambiamento sia partita da un sodalizio sportivo.
Altre due circostanze concorrono a incidere il ‘907 nella memoria pavese: mentre comincia a essere trascurata la vogata alla veneta (ormai abbandonata anche nel resto della Alta Italia, eccetto nella laguna, perché non costituisce specialità internazionale) si verifica – fatto socialmente tanto più grave – la rottura dell’argine del Ticino in piena a monte della città, con conseguente inondazione del Borgo, resa più drammatica dalla fuga verso Cava Manara degli abitanti con la roba e gli animali, che rappresentano una ricchezza irrinunciabile. Le barche delle società remiere cambiano ospiti e funzione realizzando un servizio civile tra i più apprezzati e utili ai borghigiani, da tempo abituati agli umori del ‘fiume azzurro’ , ma in drammatica difficoltà di fronte alla catastrofe.
L’anno dopo tutto sembra andare al meglio: sotto il profilo sportivo grande attività e ottimi risultati: la « Colombo » partecipa a cinque regate, alla Milano-Abbiategrasso e ai campionati italiani di Salò (dove l’outrigger, composto da Ettore Sansoni, Mario Albertini, Roberto Forni ed Enrico Grassani, quando è in seconda posizione viene danneggiato e costretto al ritiro) ottenendo in totale quattro primi posti, cinque secondi e un terzo. Risultati cosi brillanti sono però seguiti da uno scarsissimo impegno del biennio 1909-1910. All’origine di questo nuovo periodo è il ritiro dalle gare dell’equipaggio dell’outrigger a quattro, vice-campione europeo a Strasburgo. Ancora una volta si tratta di un’eredità difficile da amministrare e occorre rinverdire la speranza e la fiducia nei giovani. Tra questi intanto si segnala per vigore fisico Cesare Forni, alto quasi due metri e dal corpo possente. Il futuro leader dello ‘squadrismo’ lomellino è ancora del tutto digiuno di politica, interessato, con il fratello Roberto, al canottaggio.
Continua l’attività remiera Mario Albertini, in coppia con Sansoni sulla jole a due, sebbene impegnato sempre ad altissimo livello nelle gare di nuoto. Albertini, leader in Italia per essere uno dei pochi praticanti del redditizio stile « trudgeon », che dopo ulteriori modifiche diventerà l’attuale « crawl », nuota in Italia e all’estero portando alla « Colombo » e alla « Rari Nantes », le due società per cui gareggia, molti primi premi. Iniziata la carriera come timoniere del favoloso duo Bertolini, si dedica al nuoto in modo naturale, spontaneo e dal Ticino, dove puntualmente batte, distanziandoli di molte bracciate, ragazzi molto più grandi di lui, gareggia ovunque risultando, dal 1902 al 1909, imbattibile su qualsiasi percorso. Ma Albertini non abbandona il canottaggio e diventa validissimo vogatore, campione d’Italia e vice europeo; spesso gareggia, nella stessa riunione, sia Come vogatore che come nuotatore, ottenendo allori in ambedue le specialità, come a Pisa nel 1907: campione italiano nell’outrigger a quattro ‘e vincitore di due prove di nuoto di particolare importanza.
È un campione totale, come pochi ne ricorda Pavia sportiva, con una grande passione per la caccia che gli faceva dimenticare ogni cosa, persino di presentarsi alle gare; anche in questo si vede la grandezza di Albertini, nel considerare lo sport un divertimento, senza angosce, una passione pura.
Ancora giovane anagraficamente ma ormai superato per la legge del nuoto, perse una gara ad opera di un altro campione come Massa, si ritira serenamente a parlar di selvaggina e fucili nel suo negozio di armaiolo in Strada Nuova.
Mentre l’equipaggio di cui fa parte Albertini, l’unico che svolgeva una attività quasi costante, viene sciolto, la società regala ai propri soci un ulteriore ampliamento della sede, che ora è a due piani, con quello inferiore adibito a magazzino-ricovero per le imbarcazioni da corsa e da passeggio, laboratorio di carpenteria, sala spogliatoio e docce, mentre al piano superiore sono poste la sala del telefono, quella per i soci, il salone per il consiglio e quello per i ricevimenti, ampio 85 mq., e la sala del caffè. Nel progetto è prevista anche l’abitazione del custode. All’inaugurazione tutta la Pavia che conta è presente compreso lo schivo scienziato e senatore, Camillo Golgi, premio Nobel per la fisica. Champagne e valzer allietano la festa.
Il tutto però mentre solo la Milano-Abbiategrasso arricchisce il carnet delle vittorie e il settore agonistico vegeta grazie ai soli equipaggi studenteschi, dalla vita sportiva breve e condizionata dall’impegno scolastico.
Dopo il risveglio agonistico nel 1911 , con il ritorno di una veneta a quattro debuttante e quello del sandolino, con Silvio Corona, mentre si consolida la presenza della jole di mare, suffragata però da risultati abbastanza modesti, arrivano gli anni bui dello scioglimento della società.
La fusione delle due sezioni di canottaggio, la Ticinese e la Lombardo-Emiliana è emblematico della cattiva situazione remiera. La « Colombo », malgrado istruttore e anima ne sia Corrado Malaspina, carico di un entusiasmo che trasmette intatto ai giovani, gareggia solo nel mese di maggio e solo a Firenze l’outrigger è primo.
L ‘avvenimento dell’anno, nella Pavia rem1era, non e una regata o una vittoria particolarmente ambita, ma la crociera fluviale Torino-Pavia-Venezia-Roma, organizzata dal RRCI. La sede della « Colombo », elegante e signorilmente addobbata, è meta di tutte le autorità e degli ospiti illustri al seguito del raid, mentre 25 motoscafi partono da Pavia per raggiungere Cremona, affiancando gli arditi vogatori e suscitando interesse e curiosità, anche per la linea non proprio ortodossa, quasi da prototipo, di certe barche. Alla «Colombo» viene consegnato, per l’ospitalità, il diploma di benemerenza del RRCI.
Le sortite in acqua sono poche, svogliate, spesso interrotte, accompagnate dai lazzi dei troppi spettatori adagiati mollemente sulle sponde a criticare i pochi vogatori ancora impegnati e piegati sugli scalmi.
La crisi non si è accampata solo sul Ticino, è nazionale e, addirittura, internazionale, colpendo anche la Francia, una delle nazioni madri del canottaggio. A Pavia si riparla di fusione tra le due società, troppe- si dice – in una città di provincia; la verità è che man persino l’emulazione, pure tanto sbandierata, e trionfa l’abulia, tanto che neppure un nuovo sodalizi più potente, potrebbe ridare nuove vittorie e lustro allo sport remiero cittadino.
Per la « Colombo » è ormai questione di giorni; la società, spremuta dalle recenti ed elevate spese non controbilanciate da introiti sicuri e dall’impegno agonistico, dichiara il 2 dicembre il proprio fallimento. Nominato curatore l’avvocato Ercole Mussini, si provvede alla liquidazione della società tra il dolore degli appassionati di tutto lo sport e di ogni manifestazione di vita cittadina. Mentre si analizzano le cause dello sfacelo, comprendendo, tra l’altro, il traffico di sabbia e ghiaia a ridosso della sede e dell’approdo, si riparla anche della necessità che la «Colombo» deve risorgere per il bene di tutto lo sport pavese e per creare sprone all’altra società, anch’essa in grave difficoltà.
Liberarsi dell’assenteismo dei soci, delle beghe personali, di gente che si avvicina al canottaggio per ambizioni personali più che per autentiche capacità sportive e sincero amore, ecco i propositi dei dirigenti storicamente legati alla «Colombo». Intanto, però, alla presenza del presidente dottor Eugenio Giorgi e di 14 soci, tra cui Egidio Cipolla, il notaio Tito Morandotti ha deciso la messa in liquidazione della società, dopo aver constatato una passività di L. 27.774,68. Paride Negri acquista, il 7 aprile 1913, la sede e il materiale nautico al prezzo di 20.500 lire.
I vecchi soci hanno comunque un desiderio: ritornare a far rivivere la società subito, con nuovi stimoli e nuovi capitali.
Il triste e doloroso periodo bellico e la conseguente crisi impediranno però l’attuazione immediata del progetto.
Nel 1919, come un’invincibile fenice, la «Colombo», tuttavia, risorgerà non su ceneri ormai sparse nel vento di guerra, ma con l’animo nuovo della ricostruzione.